In Bosnia un ristoratore apre la sua casa ai migranti in fuga
La cosiddetta Rotta Balcanica è la strada percorsa da migliaia di richiedenti asilo per accedere in Europa. Troppo spesso chi la percorre subisce torture, furti, violenze, umiliazioni fisiche e psicologiche, da parte di poliziotti e militari. Per i più sfortunati c’è la morte. Da Tuzla a Sarajevo, da Bihać a Velika Kladuša, decine di volontari e attivisti, bosniaci o internazionali, supportano dal basso i diritti e le necessità dei migranti in transito nel Paese. Nella gelida città di confine di Velica Klaudsa (Federazione di Bosnia ed Erzegovina) non ci sono centri di accoglienza ufficiali per i migranti. A centinaia si nascondono lì aspettando di affrontare il viaggio verso la frontiera europea croata. Nel piccolo centro non ci sono ONG internazionali, non ci sono associazioni umanitarie. Il freddo è intenso, la fame è tanta. Per un pasto caldo e un riparo dalla neve si rivolgono tutti a Karajic. Sposato con quattro figli, di mestiere ristoratore, ha trasformato la sua abitazione e il suo camper a Velica Kladusa in un piccolo centro di accoglienza per i rifugiati: dà loro da mangiare, fornisce scarpe, coperte, vestiti e un tetto al caldo, senza chiedere nulla in cambio. Per tutti coloro che trovano le porte d’Europa sbarrate le porte di casa Karajic sono sempre aperte. Tutti lo conoscono, tutti sanno chi è. Il suo nome passa di bocca in bocca tra i profughi che giungono sull’uscio dell’Unione Europea con la speranza di superare la pericolosa traversata dei boschi che dividono la Bosnia-Erzegovina dalla Croazia. Dice che la vita è una giostra, quello che sta accadendo a loro è accaduto prima a lui.
Fonte: repubblica.it