Dopo l’Australia anche la Nuova Zelanda vieta i social ai minori di 16 anni

In un’epoca in cui la connessione digitale e i social media dominano la vita quotidiana di milioni di adulti e ragazzi, la Nuova Zelanda compie una scelta lungimirante: proteggere i giovani imponendo un limite chiaro all’accesso alle piattaforme digitali. Seguendo l’esempio dell’Australia, il governo neozelandese ha annunciato una proposta di legge che vieterebbe l’uso dei social media ai minori di 16 anni, ponendosi come uno dei Paesi più determinati al mondo nel contrastare gli effetti nocivi del digitale sulla salute mentale dei più giovani. La proposta di legge impone alle piattaforme social l’obbligo di verificare l’età degli utenti, consentendo l’accesso solo a chi ha compiuto 16 anni. Le aziende che non si adegueranno rischieranno multe salatissime fino a 2 milioni di dollari neozelandesi (circa 900.000 euro), un segnale forte che pone la responsabilità non solo sulle famiglie, ma anche sulle big tech, chiamate a garantire ambienti digitali più sicuri. Questa iniziativa si ispira direttamente al modello australiano, dove da novembre 2024 è in vigore una delle normative più severe a livello globale in materia di social media e minori. Anche lì, giganti come Meta, TikTok e altri colossi digitali sono stati obbligati a escludere gli under 16, pena sanzioni fino a 49,5 milioni di dollari australiani. Le motivazioni dietro questa scelta sono chiare: studi sempre più numerosi mostrano i gravi impatti che l’uso precoce dei social può avere su salute mentale, autostima e sviluppo emotivo dei giovani. Dall’ansia al cyberbullismo, dai contenuti inappropriati ai pericoli dei predatori online, il mondo virtuale non è sempre un luogo sicuro per bambini e adolescenti. Vietare l’accesso fino ai 16 anni non è una limitazione della libertà, ma una scelta di protezione consapevole.

Fonte: agi.it